E tornare a casa, trovarsi soli sotto il cielo schiarito dalle luci.
E ripensare agli amici, a chi ti parla. E a chi hai perso, a chi perdi, a chi perderai. Ma anche a chi hai incontrato. Per poi allontanare.
E pensare alla tua vita, a cosa ci stai facendo. E a quanti la pagherebbero oro, se solo potessero averla.
E sapere che potresti dare retta alle peggiori fantasie che hai, e perdere tutto. E pensare a cosa lasci. Ma un miagolio ti riporta in lacrime a guardarti attorno. Per pensare a quella bestia che è tanto fiera del suo miagolio che somiglia tanto a quello di un gatto.
E piangere a larghe gocce, senza remora, ché in fondo fa pure bene. E confondere le lacrime nella pioggia estiva, che senti avvicinarsi da dietro, che arriva, a larghi passi, che ti copre, e poi ti supera.
E vedere come siano passati tanti anni senza che nulla sia cambiato. E pensare alle stesse frasi che ritrovi scritte dallo stesso te, ma qualche anno fa. Ma in fondo anche questo è andare avanti, anche scoprire che sei fermo. Per pensare a cosa ti potrebbe aspettare.
E immaginare una vita diversa, senza più accontentarsi, prendendo quello che desidero. E desiderare quello che sono nato per desiderare, e abbandonare cosa penso gli altri pensano di me, nel mondo della mia immaginazione.
E ascoltare una canzone senza capire cosa ti trasmetta, ma senza potertene staccare. E scrivere, dopo mesi, qualcosa su di una pagina, pensando che la prossima volta vorrei mettere qualcosa di scritto davvero. Ma non so se e quando scriverò ancora, non ne ho la costanza, anche se vorrei. Per non dimenticarmi.
È una foto di gennaio, e magari non piace neppure. Però non avevo mai messo una foto di Tigro qui sul blog, e men che meno una foto di “Tigro-che-non-sta-fermo-mentre-uso-un-obiettivo-da-200mm”.
In teoria sarebbe una foto “venuta mossa”, in pratica mi piace proprio tanto 🙂
When I looked up and saw the Earth coming up on this very stark, beat up lunar horizon, an Earth that was the only color that we could see, a very fragile looking Earth, a very delicate looking Earth, I was immediately almost overcome with the thought, you know, here we came all this way to the moon, and yet the most significant thing we’re seeing is our home planet, the Earth.
William Alison Anders, membro dell’equipaggio di Apollo VIII (e autore della foto)
trad.: Quando ho guardato in su e ho visto la Terra che si alzava da questo orizzonte lunare arido e battuto, una Terra che era l’unico colore che potevamo vedere, una Terra che sembrava molto fragile, una Terra che sembrava molto delicata, sono stato immediatamente quasi sopraffatto dal pensiero che, insomma, abbiamo fatto tutta questa strada verso la luna, ed ecco che la cosa più importante che stiamo osservando è il nostro pianeta, la Terra.
40 anni dal primo passo umano sulla Luna, e ancora quanto dobbiamo imparare da questa semplice foto…
Sono già alla seconda!
Continuo a restare nel piccolo del mio giardino, tra il Cedro del Libano e le rose.
A volte le spine non vengono solo dalla rosa…
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Nota di burocratese spinto
«Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001»
Save the night time for your weeping…
E tornare a casa, trovarsi soli sotto il cielo schiarito dalle luci.
E ripensare agli amici, a chi ti parla. E a chi hai perso, a chi perdi, a chi perderai. Ma anche a chi hai incontrato. Per poi allontanare.
E pensare alla tua vita, a cosa ci stai facendo. E a quanti la pagherebbero oro, se solo potessero averla.
E sapere che potresti dare retta alle peggiori fantasie che hai, e perdere tutto. E pensare a cosa lasci. Ma un miagolio ti riporta in lacrime a guardarti attorno. Per pensare a quella bestia che è tanto fiera del suo miagolio che somiglia tanto a quello di un gatto.
E piangere a larghe gocce, senza remora, ché in fondo fa pure bene. E confondere le lacrime nella pioggia estiva, che senti avvicinarsi da dietro, che arriva, a larghi passi, che ti copre, e poi ti supera.
E vedere come siano passati tanti anni senza che nulla sia cambiato. E pensare alle stesse frasi che ritrovi scritte dallo stesso te, ma qualche anno fa. Ma in fondo anche questo è andare avanti, anche scoprire che sei fermo. Per pensare a cosa ti potrebbe aspettare.
E immaginare una vita diversa, senza più accontentarsi, prendendo quello che desidero. E desiderare quello che sono nato per desiderare, e abbandonare cosa penso gli altri pensano di me, nel mondo della mia immaginazione.
E ascoltare una canzone senza capire cosa ti trasmetta, ma senza potertene staccare. E scrivere, dopo mesi, qualcosa su di una pagina, pensando che la prossima volta vorrei mettere qualcosa di scritto davvero. Ma non so se e quando scriverò ancora, non ne ho la costanza, anche se vorrei. Per non dimenticarmi.